Perché i collettivi odiano scegliere la vita

di | 29 Novembre 2024

Risposta breve: perché se la sceglie quella a cui hanno sborrato dentro sono rovinati.

Risposta lunga: il convegno che i soliti che un certo generale cileno con la passione per gli elicotteri usava a scopo di tutela della fauna oceanica hanno interrotto non era un convegno contro l’aborto, ma sul non sceglierlo. Un principio molto 194iano, tra l’altro, dato che chiunque l’abbia letta sa che non è la “legge sull’aborto”, o quantomeno non solo.

D’altronde, se hai una neonatologa esperta in cure palliative per bambini, la presidente di un’associazione che ha evitato circa 30mila aborti senza alcuna coercizione e una bioeticista basta leggere il titolo per capire di dove si va e, anche se non sembra, pure per entrare in certe facoltà bisogna saper leggere.

È evidente che qualcuno non abbia problemi tanto con l’idea che venga negata la scelta di abortire, ma che venga offerta l’alternativa di farlo. E alla fine, basta immaginarsi nei panni del classico universitario che prende parte ai collettivi per capire perché.

Vita sessuale disordinata quanto quella accademica, con una parvenza di sanità data solo dai test che vengono offerti gratuitamente da università e associazioni a cadenze regolari per evitare di trasformare la città nel lazzaretto. Per semplici ragioni di fallibilità, chi vive una vita sessuale del genere ogni tanto la mette incinta qualcuna.

Ovviamente, il buon universitario dei collettivi convincerà la ragazza che è una donna emancipata, libera, che non è ancora pronta e che deve fare la scelta di libertà e coraggio che è l’aborto.

Così, la ragazza va al consultorio e incontra un’anziana sorridente che le parla un po’ e la convince ad andare al CAV. Lì viene ascoltata, racconta delle sue difficoltà, della lontananza da casa, dei vuoti affettivi che copre con una sessualità un po’ troppo allegra e, magari dopo che le viene offerto un consulto con uno psicologo, decide di tenere il bambino.

Tutto bellissimo, no? Non se siete il tizio che l’ha messa incinta e che ora diventa, volente o nolente, padre, con l’obbligo di mantenere il pargolo. Nei fatti, la sua vita è rovinata, il tutto per una sborrata.

Questo ci fa capire anche perché, a dispetto del detto “niente utero, niente opinione” a zittire tre donne c’era un bel numero di uomini: paura di assumersi le proprie responsabilità. Certo, grandissime responsabilità, ma è anche vero che esercitare la sessualità in un modo capace di fare figli. non è obbligatorio.

Poi chiaro, il discorso non è limitato all’uomo, ci sono anche donne che se vedessero l’anziana di prima inizierebbero a urlare perché la semplice idea che esista l’alternativa le turba in un modo molto intimo. Il che vuol dire che c’è una vocetta interiore che dice che c’è qualcosa che non va, mentre una molto più forte prova a zittirla.

Sta di fatto che se il solo CAV Mangiagalli è riuscito, in tutta la sua esistenza, a evitare quelli che sono circa 6 mesi di aborti in Italia la domanda per scegliere la vita c’è. E tante donne vogliono sentire le opzioni che hanno a disposizione prima di compiere una scelta irreversibile.

Se ciò turba un gruppo di universitari che temono che, Dio mi perdoni per aver osato solo dirlo, le proprie azioni abbiano addirittura delle responsabilità, si può suggerire una soluzione non irreversibile: una vasectomia.

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