“Io li chiamo ricchioni”

di | 8 Aprile 2020

A me non piace quando si vogliono rendere delle parole tabù. Nel senso, è giusto che ogni parola abbia il suo raggio d’azione e nessuno si sognerebbe di fare una legge “per la tutela dei ricchioni discriminati”.

Così come nessuno dovrebbe usare la parola dialetti per definire lingue autonome in pubblicazioni scientifiche, ma avviene ancora. Ma, al contempo, se uno mi dice “ah tu sei quello che scrive su Wikipedia in dialetto” non me la prendo a male.

Quindi, onestamente, apprezzo Feltri quando dice “io li chiamo ricchioni” o, in generale, chi usa parole “vietate” senza intento odioso, a mostrare proprio quanto siano parole normalissime.

Perché sì, io posso raccontare al bar una barzelletta sui ricchioni e poi essere favorevole al fatto che si sposino e non avere alcun problema con loro (che cazzo me ne frega di quello che fa uno sotto le coperte) o dire negro, specie se sono lombardo e da noi negher s’è sempre detto, senza per questo sostenere il KKK ma semplicemente descrivendo una persona se l’unica caratteristica che ho è il suo colore della pelle (e può succedere).

Quindi, per favore, la smettiamo di scandalizzarci per delle parole? Che facciamo tanto i progressisti e deridiamo le anziane che se sentivano un porcone si prendono un coccolone ma siete uguali identici se sentite una parola vietata.

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