Senza mezzi termini, l’ateismo distrugge società e culture, porta alla statolatria, alla depressione e alla fine ad una vita vissuta solo con una visione del presente, fondata su egoismo, edonismo e autodistruttiva. Quello che separa una rinuncia massiva della religione da un totale declino sociale sono quelle due o tre generazioni in cui la morale dei padri viene, sempre più compromessa, portata avanti come parte del senso comune.
Ciò non vuol dire che qualsiasi moralità vada tenuta per sempre, ma che i cambiamenti dovrebbero avvenire all’interno di determinati binari e quelli della religione, storicamente, si sono rivelati molto utili.
Che la religione, specie se condivisa tra i membri di una comunità o quasi (ad esempio: comunità cristiana a maggioranza cattolica che tollera piccole comunità protestanti e assimila nei modi quelle ebraiche, com’è stato per secoli in Europa), sia un bene per la civiltà mentre l’ateismo sia un male è ovvio. Lo negherebbero solo i redditor pronti a dire che le stragi comuniste fatte nel nome dell’ateismo di stato non contano perché Lenin era battezzato, Stalin seminarista e Kim si è fatto Dio (non capendo proprio l’obiezione che l’ateismo porta alla statolatria).
Qualcuno addirittura sostiene che questa religione comune non sia solo buona ma addirittura essenziale, perché fornisce le basi della società in un modo autorevole che nessun altro può. Poi ci sono vari gradi di convincimento, dal fanatico all’ateo devoto/filosofo che dibatte lungamente, ma in quest’ottica l’ateo militante è, a tutti gli effetti, simile al neonazista in una democrazia “limitata” come quella tedesca.
Tuttavia, nulla di ciò che ho detto influisce sulla verità del teismo o di questa o quella religione. Anche perché, in quest’ottica, qualsiasi religione è utile. Persino l’islam, una delle religioni più facilmente smentibili nella storia umana e la cui applicazione integrale riporta all’Arabia del settimo secolo, è utile: alla fine proprio per le mille sfaccettature, decisioni, delibere sociali, leggi, separazioni tra stato e religione diventa anche lui una semplice base sociale non eccessivamente problematica, quando non spunta la varietà teocratica Ayattalebana.
Dio potrebbe tranquillamente non esistere, rendendo vera l’ipotesi atea, ma magari l’uomo, per com’è fatto, ha bisogno di credere che esista per funzionare come animale sociale. Se tutti fossimo Richard Dawkins il mondo ateo funzionerebbe anche se l’ateismo fosse falso, ma siccome l’umanità è ben più variegata è arrivato anche lui a capire che il cristianesimo, almeno come visione socioculturale, ha la sua utilità.
I Nuovi Atei, ormai orfani anche del loro fondatore, amano attaccare le religioni su fatti di utilità: eh rubano, eh fanno la guerra, eh ma l’Inquisizione, eh ma ogni tanto sono un po’ troppo vicini alla politica, spesso hanno anche ragione, ma molto, molto raramente analizzano il tema della verità del teismo o della specifica religione. Alcuni, già seppelliti da una risata, non lo ritengono necessario perché per loro sono proposizioni ridicole ed è meglio vestirsi da presbitero per farsi due risate, altri probabilmente ritengono invece che sia un dibattito più concreto e utile quello sull’utilità.
Ma in questo dibattito l’ateismo come visione che non viene banalmente tenuta come convincimento privato ne esce malino…