Buon Natale a tutti! Natale è una bellissima festa e in un certo senso la festività centrale del calendario civile, ma non certamente di quello ecclesiastico, ruolo proprio dalla Pasqua.
In effetti, se la Pasqua veniva celebrata sin dai primi anni del cristianesimo, il Natale come grande celebrazione è un’aggiunta relativamente più recente e nessuno si è preoccupato, per anni, di provare a capire il giorno di nascita di Gesù Cristo.
Per di più, dei quattro Vangeli, solo due parlano di questo evento: Matteo e Luca, e lo fanno entrambi in modi leggermente diversi. Matteo ha il vantaggio di essere più vicino, temporalmente, culturalmente e per autore, a Gesù, ma ha anche il difetto di avere una certa tendenza al “comizio agli ebrei”. Luca non è fonte diretta, il che da un lato potrebbe voler dire che ha potuto raccogliere più informazioni, ma dall’altro è facile cadere nel gioco del telefono, cosa che nel campo della Natività si nota (si veda la famosa questione Censimento vs Erode, che per quanto non sia un caso così chiaro di errore come alcuni apologeti atei vorrebbero far credere è un esempio di non particolare diligenza e capacità esplicativa da parte di Luca).
In generale, c’è sempre un problema dell’infanzia: la fonte diretta. Anche religiosamente parlando, Gesù in quanto Dio sarà stato anche onnisciente, ma non lo era in quanto uomo. Quello che noi sappiamo della nostra infanzia lo sappiamo perché ci viene detto e, alle volte, persone diverse hanno ricordi diversi. È abbastanza normale, specie per ricordi relativamente mondani. La mamma ti dice che hai detto la prima parola a casa della nonna, mentre il papà è convinto che era nel focolare domestico. Ciò non vuol dire che non è vero che sei nato e che qualche volta sei andato a casa della nonna.
Ricordiamo che gli evangelisti mica volevano fondare una religione in senso moderno, da un lato volevano documentare una cosa straordinaria che o avevano visto di persona o quasi, dall’altro volevano diffondere questa conoscenza. Chi pensa che si fossero messi lì a fare trattati di teologia vive in un’illusione, all’epoca non si usava fare una trattazione pura della storia, era sempre condita da un sottotono “morale” o “ideologico” ma sempre un genere storico era.
Dal loro punto di vista la narrativa della Natività era probabilmente quella più lontana, avevano visto Gesù predicare (o conoscevano qualcuno che l’aveva visto), avevano sentito da Lui la storia della sua gioventù, ma dell’infanzia? Di quando era in fasce? Magari hanno parlato con Maria, ma come ogni madre anche lei avrà ricordato con particolare affetto determinate cose dell’infanzia del proprio figlio, magari l’hanno sentita da Gesù stesso, ma anche lì, si torna al problema sopra…
Diverso è il caso della Risurrezione: trattata da 4 Vangeli su 4, con minime incongruenze (e chi pensa che siano enormi dovrebbe semplicemente vedere come diverse persone raccontano lo stesso fatto: qualcuno dice che, in un tribunale, Dio sarebbe “colpevole di non esistere”, ma nel caso della Risurrezione quelle piccole differenze non porterebbero certamente ad un verdetto di “assoluzione”) e con testimoni oculari che sono tra gli autori del Nuovo Testamento oppure tra coloro che conoscevano, che hanno intervistato o parte della loro scuola. Già i primi cristiani pochi anni dopo gli eventi credevano che Gesù fosse risorto, come si legge in 1 Corinzi 15:3-7, verso che per la stragrande maggioranza della critica biblica risale effettivamente al 35-40.
Credere che i primi cristiani si siano inventati tutto per il gusto di essere perseguitati e uccisi è una proposizione sostanzialmente insostenibile e generalmente anche gli accademici non cristiani sostengono che qualcosa i discepoli di Gesù avessero visto: ciò non implica per forza una risurrezione, potrebbe anche essere un’allucinazione collettiva o altro, ma riconoscere che possiamo parlare di Risurrezione in un modo metodico è un passo importante. Io trovo illuminante l’esposizione, che vi avviso essere lunga, di InspiringPhilosophy, in cui analizza le fonti storiche, la loro affidabilità e le varie teorie concorrenti, giungendo alla conclusione che effettivamente la Risurrezione
Ma con la Natività non possiamo farlo, dobbiamo per forza di cose prendere per buoni per fede (che, ricordiamocelo, vuol dire anche fiducia eh) i racconti degli evangelisti, facendoci poi le dovute analisi. Non è nulla di alieno, lo facciamo tutti con aneddoti familiari: mia nonna me ne raccontava tantissimi, soprattutto della sua infanzia, che alle volte erano incoerenti sulle date, alle volte erano opinionistici o molto emozionali, alle volte contenevano incongruenze… Io di lei mi fidavo, sapevo che non mi raccontava balle volontariamente, ma mi rendevo anche conto che un insieme di età avanzata e di naturale imbellimento dei ricordi d’infanzia non le dava certamente la capacità di essere il più severo giudice.
Anche molta storia locale si tramanda così, sotto forma di leggenda dove ciò che è vero e ciò che non lo è viene mischiato. Alle volte si può dire definitivamente che un qualcosa non è reale, ma molto spesso si rimane solo con la distinzione tra ciò che è certo e ciò che non lo è.
Il racconto della Natività questo è, più nell’aneddotica che nella storia, seppur aneddotica relativamente contemporanea agli autori. Ovviamente chi “crede la Chiesa” suppone che essa abbia fatto il proprio lavoro diligentemente e che non abbia selezionato testi con errori evidenti, ma è anche lecito porsi domande sul tema e riconoscere che, se per la Risurrezione e in generale il Ministero di Cristo possiamo fare tutto quel discorso storico che abbiamo visto prima per quanto riguarda la Natività e l’Incarnazione è per forza di cose la fede a guidarci, con i documenti che abbiamo.
Poi certamente, una volta che si è concluso che Gesù è risorto e ci ha lasciato una Chiesa non c’è nulla di particolarmente strano nel credere che sia nato virginalmente nel contesto narrato dai Vangeli. Bisogna però riconoscere che lo diciamo con un grado di certezza minore rispetto ad altri grandi eventi che caratterizzano la nostra religione. E alla fine va benissimo così, perché il grande miracolo del cristianesimo non è certamente quello della Natività!