Sulle cosiddette “terapie di conversione”…

di | 28 Maggio 2025

Di base, penso che ci sia poco da “convertire”, se a uno piace lo stesso sesso al massimo può lavorare perché tale attrazione non pesi sulla sua vita…

Il dominio delle proprie pulsioni è alla fine è un qualcosa di positivo e se una persona per la propria visione etica o religiosa non vuole esercitare la propria sessualità benissimo, complimenti anzi se ci riesce.

Gli sforzi perché tale scelta volontaria di astinenza vadano in porto secondo me sono positivi se la decisione è informata, mentre è futile lo sforzo per portare una persona con attrazione verso lo stesso sesso ad avere attrazione verso l’altro. Anzi, diventa problematico, e non poco, quando invece di essere una preghiera o terapia di gruppo diventa un qualcosa di lesivo della dignità umana.

Detto ciò, penso una cosa abbastanza semplice: chi è a favore a prescindere del divieto di queste terapie tipicamente sarebbe anche a favore di vietare a un gruppo di omosessuali astinenti di incontrarsi e parlare del perché scelgono di non praticare la propria sessualità, mentre chi è contrario a prescindere vedrebbe molto bene dei campi per convertire gli omosessuali in cenere.

I primi spesso odiano qualsiasi visione sull’omosessualità che non sia quella di più totale accettazione, mentre i secondi spesso odiano gli omosessuali e ne farebbero volentieri a meno.

La mia posizione sul tema è fondata integralmente sul rispetto della dignità umana sempre, non sulla promozione di uno specifico ideale. Non ho nulla in linea di principio contro libere associazioni di omosessuali che vogliono vivere la propria vita in castità o addirittura provare a tornare eterosessuali, a patto che nulla di tutto ciò avvenga in un modo rispettoso della loro dignità. Un incontro di Courage International non è il campo con i fagioli magici, ma entrambi sono tuttalpiù futili e al massimo offendono la comunità LGBT militante, i cui sentimenti non dovrebbero godere di specifica protezione.

Ben diverso è il caso di vere e proprie torture, che talvolta avvengono in modo disorganizzato in istituzioni di vario genere e talvolta invece in veri e propri campi di “rieducazione” con tecniche inumane: elettroshock, aversione, farmaci senza motivo, ormoni, talvolta persino violenza sessuale. Queste vanno proibite senza ombra di dubbio.

Ma esattamente come quando si parlava di bullismo omofobo… ha senso un divieto solo per quello? Se ci fosse un campo per obesi, per ragazzini maleducati (e in America esistono veramente!) o per persone con dipendenze che usa gli stessi identici metodi quello andrebbe tenuto aperto mentre quello per i gay chiuso d’autorità?

Nossignori, andrebbero tutti chiusi, perché il bene che si tutela non è l’identità LGBT, ma la dignità dell’individuo, dignità che viene palesemente violata da pratiche violente come quelle descritte.

Certamente ci sono delle zone d’ombra degne di discussione. Il consenso scientifico (che certamente non è il Vangelo e può cambiare col tempo ma ha il suo rilievo) dice che dall’omosessualità non si “guarisce”, quindi un professionista sanitario che prende parte in tentativi di conversione non è un granché… Parimenti, però, se qualcuno vuole intraprendere questi sforzi, probabilmente uno psicologo presente sarebbe una garanzia per tutti.

È uno dei tanti casi di tematiche sanitarieggianti non sanitarie, come aborto o pena di morte, che i sanitari idealmente non dovrebbero toccare nemmeno con un palo di 50 km ma dove spesso ha senso metterci mano nel timore che ce la metta qualcuno di ben peggiore.

Poi vi è anche il caso dei minori: che un adulto decida di andare al club cristiano per vivere la propria attrazione per lo stesso sesso in modo casto va bene, ma un minore? E se lui non volesse e fosse forzato? Questa è una questione importante, dove libertà individuale del minore e libertà educativa del genitore possono scontrarsi. Sta al legislatore normare questi casi bilanciando le due libertà e garantendo comunque anche quella del minore, ma tutelandolo comunque da sé stesso e da sue eventuali scelte impulsive.

Il metro, in ogni caso, dev’essere la dignità umana, non la difesa dell’identità LGBT. Il metro della tutela LGBT è profondamente illiberale, come si vede nel Nuovo Galles del Sud, dove si è arrivati a vietare ad una persona di pregare con un’altra persona per “sopprimerne l’orientamento sessuale”: sarei curioso di sapere se vale anche per un eterosessuale che chiede al prete la benedizione per rimanere casto. Tali leggi sono vere e proprie leggi di blasfemia nei riguardi di una nuova religione civile con propri dogmi e propria metafisica e, come la quasi totalità delle leggi sulla blasfemia, incivili.

Mentre il metro che propongo io è liberale e umano, in quanto non serve a tutelare un’ideologia, ma gli individui: consente loro di unirsi volontariamente e consensualmente in uno sforzo per un qualcosa che può anche essere stupido (ognuno giudichi per sé stesso) e pone come unico limite la tutela della dignità individuale e la volontarietà della scelta, inserendo disposizioni per la tutela della deontologia professionale e delle persone più deboli. Lo stato non deve tutelare l’identità LGBT, ma le persone.

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