Vado avanti a caffeina, bevo tranquillamente due o tre caffè al giorno.
Ho ricevuto, nel tempo, molti pregiudizi nei confronti del caffè all’americana, ritenuto una brodaglia imbevibile.
Poi ho iniziato a frequentare l’università e, il caffè, è diventato un fido alleato di ogni lezione. Prendevo spesso il cappuccino, che però, non era decisamente il cappuccino classico all’italiana, era invece un cappuccino in stile Starbucks, bello lungo. Ed era buono.
Ovviamente, a differenza dell’espresso, che è essenzialmente una versione legale della cocaina che ti dà la botta in una sola bevuta, l’idea di un qualcosa di lungo è di dividere l’assunzione di caffeina in vari momenti, così da avere una bevanda calda sino alla prossima pausa.
Un’esperienza simile a quella del te, una tazza che ti finisci anche in un’ora o due, ma il tè, per quanto mi piaccia, non ha lo stesso effetto caffeinico su di me, e se lo bevo a stomaco vuoto mi dà acidità.
Ora, ovviamente, se uno deve bersi un caffè in cinque minuti con un amico o deve finire un pasto una tazzina rapida è la soluzione migliore, una botta di sapore che ti lascia la bocca piena di aroma per un buon quarto d’ora.
Ma se sono al computer a programmare, voglio un qualcosa che magari mi tenga caldo e attivo più a lungo, non una botta di sapore ma un piacere continuo, una sorta di caldo abbraccio.
Ora, ovviamente, in Italia il caffè americano non è nulla di tutto ciò, è letteralmente espresso allungato. Ma questa è la migliore approssimazione che si offriva all’epoca, ossia durante la WWII. Oggi, ovunque, si può fare un buon caffè lungo e, in certi casi, è bene farlo.