Violenza sulle donne: c’entra davvero l’etnia?

di | 27 Novembre 2021

Una nota voce dell’etnonazionalismo lombardo, ha pubblicato questo tweet sul tema violenza sulle donne:

Non esiste la violenza sulle donne, e non esiste il femminicidio. Esiste, semplicemente, l’indole passionale e belluina di allogeni che in Lombardia non dovrebbero starci nemmeno dipinti. Eliminate l’immigrazione, ed eliminerete la cronaca nera. Col femminismo mi pulisco il culo.

 

Ora, a me, onestamente i commenti medi sotto post del genere fan cadere le palle. Ma del tipo che entro con le mie ben note posizioni molto scettiche sull’etnonazionalismo ed esco in camicia plumbea salutando la gente con “Salut, Lombardia”.

Il commentatore medio, infatti, è in una di queste categorie:

  1. Antifascista progressista da salotto, di quelli che credono che il comunismo sia un sistema saggio mai applicato bene mentre il fascismo è intrinsecamente criminale, indignato perché si parla di razze, salvo poi dare la colpa di tutto al maschio bianco etero
  2. Fascista che frigna perché qualche mappa genetica dimostra che l’OP è più geneticamente vicino ai romani degli italiani moderni mentre il fascista frignante è a metà tra Ascoli Satriano e Gerusalemme
  3. Terone umanista in odore di posto statale che sa tirare fuori brillantissimi (citazione necessaria) commenti del calibro di “Lombardia libera dai lombardi” e foto di qualche meridionale attraente, roba che radicalizzerebbe pure un Gennaro Gargiulo residente da tre anni in Lombardia al peggio lombardesimo

Ebbene, io penso che risposte del genere non facciano che portare simpatia a queste posizioni. D’altronde, è ciò che si nota nei commenti ai servizi televisivi in cui si voleva far sembrare chi aderiva a questa idea un Hitler della Bergamasca: la gente finisce a dargli ragione, perché se lui ha torto al 10%, la trasmissione lo ha al 70%.

Se si deve rispondere, si deve farlo con idee, posizioni e proposte serie. Come farò ora.

Ecco, io non ho i famosi quattro nonni cognominati alla lombarda. E questa è una delle principali ragioni per cui sono fortemente scettico sull’etnonazionalismo. Io sarei un lombardo di serie B rispetto ad un purissimo Brambilla che come suo massimo segno d’adesione alla cultura lombarda condivide il Milanese Imbruttito che scrive “tucc” “tüch”?

Davvero?

Capisco non prendere per buono ogni “mi sento lombardo”: d’altronde pure i calabresi fuorisede per il commissariamento della regione che fino al giorno prima sparlavano di Milano come inferno capitalista dove la gente lavora invece che anelare il posto statale si definivano lombardi col loro bèl bindellino nero sulla mascherina, ma era ovviamente una farsa.

Ma l’identità lombarda è normalmente difficile da difendere e portare: non hai un utile passaporto lombardo che ti permette di viaggiare ovunque invece del tuo passaporto che ti obbliga ad avere un visto pure per andare al cesso, non hai accesso a comodi concorsi pubblici, non hai una nazionale di calcio forte da tifare, ma hai orde di idioti, spesso di quelli che vorrebbero rendere reato dare a un “she/her” dell’him che vengono a farti la ramanzina pseudostorica sul perchè devi sentirti italiano sennò loro non tengono più il sussidio.

Quindi, onestamente, se uno viene a contestare la mia identità sulla base della genetica, lo mando a fare in culo. Non è probabilmente il caso di chi posta queste cose, che ha vari amici e sodali lombardi geneticamente solo per metà, ma è bene spiegare il perché io non sia un fan dell’etnonazionalismo.

Detto questo, grazie a questo retroscena genetico ho una certa conoscenza diretta della condizione della donna storicamente, in Lombardia e nella Bassitalia.

E ciò che mi chiedo è: alcune culture favoriscono l’abuso sulla donna?

D’altronde, dipingere i lombardi come popolo eletto che non torcerebbe mai un capello ad una donna è ridicolo: la gente dà di matto, ogni tanto, e proprio di recente c’è stato un omicidio passionale nella zona di Brescia, ad opera di un bresciano.

Ma, diciamocelo, se domani io do di matto e inizio a schioppettare sulla folla è un conto, un altro conto è se mi viene insegnato sin dalla più tenera età che Dio non mi accoglierà in paradiso se non schioppetto gli infedeli.

Ebbene, io ritengo che ci sia stata una radicale differenza storica sul tema tra Lombardia e Bassitalia. La donna in Lombardia è sempre stata considerata bene, sia nelle campagne che nelle città. La mia bisnonna milanese frequentava ogni settimana il caffè, e partecipava alla parata del carnevale come maschera. Se la vita della mia bisnonna bergamasca era più povera e grama, sicuramente non è mai stata picchiata dal marito.

Il mio bisnonno milanese sosteneva che una donna, una volta che fosse stata sull’uscio di casa, avesse compiuto il suo dovere. Non era serva né nulla.

Vero, non una visione di pura uguaglianza, ma erano anche i primi del ‘900! Senza contare che poi era anche relativamente comune ed accettato il lavoro femminile.

Dalla Bassitalia, invece, le notizie erano ben più grame: la donna era un elettrodomestico, se moriva si sostituiva agilmente andando a recuperare qualche zitella, le violenze domestiche erano comuni e la donna doveva soddisfare ogni desiderio sessuale del marito. Sembra il regime talebano, ma era la realtà dei paesini del Meridione fino a un centinaio d’anni fa.

Una cosa così indecente che ho saputo di vari “allogeni” che hanno fatto cose un po’ violente, ma francamente condivisibili, a chi le ha fatte nella loro famiglia.

La questione, imho, è culturale. Se tu vivi in Lombardia da meridionale nato qui di prima generazione, vedi come i lombardi trattano le donne e poi vedi che tuo zio prende a cinghiate la zia perchè la pasta era poco cotta, la voglia di tirargli un ceffone arriva.

Ma non esistono solo belle situazioni di integrazione, esistono anche quelle che io chiamo mafiatown, ossia zone ampiamente degradate, abitate solo da meridionali, governate dalla malavita organizzata e conseguenza delle politiche sociali italiane e del soggiorno obbligato, senza grandi contatti col mondo esterno. Non faccio nomi, sennò me li trovo sotto casa.

Ecco, immaginatevi un ragazzino che nasce in quel contesto e vede il padre, quando non è in galera, picchiare la madre, il tutto in un contesto sociale fortemente patriarcale, il tutto mentre il massimo contatto che ha con la società extra mafiatown è la scuola, che frequenta poco e niente.

Dite che quando si innamorerà e si metterà con una, diventerà un amante modello rispettoso o porterà avanti questo modello d’amore possessivo, patriarcale e mafioso?

Ora, io non penso che la società meridionale bene di oggi abbia un problema con le donne. Nei fatti, conosco famiglie meridionali dov’è la donna ad “avere i pantaloni”. Il progresso esiste ovunque e direi che le donne del Mezzogiorno, spesso, sono emancipate tanto quanto quelle del Settentrione.

Ma dove non c’è stata l’evoluzione autonoma, ovvero nelle zone povere e nelle sacche di degrado, che ancora oggi (grazie Roma!) ci sono in Lombardia? Senza dubbio, dove sussiste ancora questa vecchia cultura meridionale, la donna viene considerata un oggetto che si possiede, da correggere con le botte e anche peggio.

E ora attendo che qualcuno venga a darmi del razzista contro i meridionali. Magari lo facciamo litigare con quello che mi dirà che non sono un vero lombardo e quindi non devo parlare della cultura lombarda.

Ah, a proposito, ho visto lombardi DOP difendere queste mafiatown al grido di “meglio loro italiani nostri che gli stranieri”. Pora Lombardia…

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