Ho visto il film di Pio e Amedeo “Belli Ciao”. Da un lato, è guardabile: se è sulla TV, di certo, non ti viene da buttarla giù in un fosso, dall’altro, non è certamente un gran film, sa molto di Checco Zalone, tant’è che il regista è lo stesso, solo che manca la gran capacità di critica sociale dell’attore barese, che riesce, con una spiccata ironia, a fare critica non offensiva né pesante.
Belli Ciao è, in sostanza, uno spaccato della comunità pugliese in Lombardia (a differenza di Zalone, che ha mostrato più volte i rapporti tra dette comunità e gli autoctoni, con annessi pregiudizi e problemi, penso solo a Cado dalle nubi), quindi risulta relativamente meno interessante rispetto ai film di Zalone per chi non è meridionale, per quanto la trama non sia malvagia, in tutta onestà: semplicemente ha così poche interazioni da risultare poco di interesse per chi non è di quella specifica comunità.
Onestamente, ci son due elementi abbastanza risibili, ossia:
- L’immagine del meridionale che giunge a Milano e, in pochissimi anni, si milanesizza così tanto è ridicola: è chiaro che la stragrande maggioranza mantiene vari elementi della propria cultura d’origine, oltre all’accento, e che tale integrazione richiede solitamente generazioni (una nel migliore dei casi, infinite nel peggiore, ossia quando non esiste gran contatto con l’esterno e ci si isola in comunità isolate), insomma, conosco tantissimi meridionali a cui darei immediatamente il passaporto verde, ma nessuno è così macchiettato e stereotipato: se esiste gente del genere, la prendiamo per il culo sia noi che loro
- La rappresentazione di Milano, tutta monopattino, omosessuali, party, Piazza Città di Lombardia chiamata “la figa” e accento che nemmeno nelle peggio valli del comasco (l’accento milanese è una delle buone ragioni per cui dovremmo tornare a parlare tutti lombardo, ma non è come lo fanno molti imitatori) è altrettanto ridicola, senza contare che ci son stati anche dei tagli evidenti a chi conosce alcune cose: si tira in ballo un ospedale e l’esterno è un ospedale lombardo, mentre all’interno il medico ha in mano un foglio con il logo della sanità di un’altra regione, credo il Lazio.
Detto ciò, la parte più problematica è stata la fine (che è anche l’inizio, ma non spoilero), in cui per varie ragioni decidono di far tornare al paesello un pullman di gente, un finale prima di tutto assolutamente scontato, secondo ridicolo: penso che chiunque dal Sud sia dovuto venire al Nord capisca bene che molti non sono andati via perché è bello o perché le colline brianzole sono un panorama imperdibile, ma perché mancano le opportunità e la politica preferisce spendere soldi a cazzo per redditi di cittadinanza e assunzioni nel pubblico rispetto al permettere lo sviluppo con condizioni favorevoli. Quindi, la visione del “ritorno di massa” fa francamente ridere e, per qualcuno, può risultare addirittura offensiva.