L’altro giorno stavo parlando con una ragazza, mediamente giovane, con una situazione sentimentale parecchio complicata: una sua grande amica si è messa con il ragazzo che piaceva a lei e da quel giorno l’ha essenzialmente ignorata, salvo quando aveva bisogno, arrivando addirittura ad utilizzare delle persone per dirle che era arrabbiata con lei per ragioni varie.
Tuttavia, da brava ragazza quale è, diceva anche che era pronta a perdonare, ad ascoltare l’amica per quando “il loro rapporto finirà” e robe del genere.
Da buon tecnico quale sono le dico schiettamente, ma educatamente, che è ben probabile che ciò non accada, che ho vissuto situazioni simili e tutte le mie speranze di “ah, quando lo capiranno” si son rivelate vane e che, in ogni caso, nel suo discorso c’erano varie falle (ad esempio, diceva di non essere interessata al giudizio delle persone, salvo citare il pensiero di tre o quattro persone) e che, con questa visione, rischia di essere sfruttata e usata come punto d’appoggio e basta (cosa che mi è capitata).
Diciamo che non la prende benissimo e si scalda rapidamente sul tema, puntualizzando per una decina di minuti come ciò non sia possibile, come non verrà sfruttata e concludendo dicendo che essenzialmente l’ho fatta incazzare. So bene com’è quell’età e non me la prendo minimamente.
Il giorno dopo appena mi vede esordisce scusandosi, dicendo che non voleva essere cattiva e semplicemente era un tema molto sensibile e che quindi aveva reagito male. Con un “non è successo niente, tranquilla” le scrollo di dosso il probabile senso di colpa e chiudo la faccenda.
Ah, l’adolescenza. Un tempo ero anche io così.