Quando ho iniziato a usare più seriamente la lingua lombarda ho appreso rapidamente un’alternativa al classico “lavorador” per lavoratore: lavorent, valido soprattutto nel campo agricolo.
Avevo fatto un po’ di ricerche e si trovava soprattutto nel dizionario mantovano del Cherubini, la mia tesi dell’epoca era dunque che, essendo il mantovano sì un dialetto lombardo ma molto emilianeggiante, vi fosse stata un’evoluzione tipo “lavorant” -> “lavorent”.
Però, a quanto pare, il fenomeno non c’è nei dialetti cispadani: a Parma è lavorant, idem a Ravenna. Molto probabilmente esisterà qualche dialetto emiliano dove si pronuncia “lavorent”, ma è difficile che si possa parlare di fenomeno tale da poter influire sul mantovano.
E, infatti, cercando casualmente sul caro vecchio Angelini… Trovo “lavoret”, con la classica caduta della “n” che caratterizza i dialetti lombardi orientali. E qui l’ipotesi emiliana cade definitivamente…
Mi metto dunque a cercare e scopro che si tratta di un termine parecchio diffuso in Padanìa, ma a quanto pare non in Piemonte. Ad esempio, lo si trova in un vecchio testo che cita Mompiano, ma anche in vari testi friulani, qualcosa di goriziano, in istriano (che fa notare come il termine sia presente anche nell’area di Siena: i dialetti toscani son curiosi perché, pur essendo strutturalmente italiani al 100%, non sono standardizzati né ripuliti e hanno comunque influenze dall’altro lato dell’Appennino, l’altro giorno stavo guardando un video di MVVBlog in cui dice di essersi strinato un dito, termine che in italiano non ho mai sentito – posso dire che esiste solo a dizionario qui – ma che è ancora ben vivo in lombardo), in romancio, in emiliano e, soprattutto, nella Sposa Francesca del De Lemene. Ma, andando avanti nella Lombardia linguistica, anche nelle farse in dialetto bresciano (di cui vi consiglio questa analisi), nel dizionario del Melchiori, in quello dei dialetti comaschi e, per terminare in bellezza, nel Tiraboschi.
Lascio queste note per chiunque cerchi informazioni sul termine 🙂