L’obiettivo del terzo millennio dev’essere la trasformazione di ogni Stato in una società pacifica al servizio dell’umanità. L’umanità non dovrebbe più servire lo Stato e vedere la sua esistenza minacciata da guerre o altre misure
– S.A.S. Giovanni Adamo II del Liechtenstein
Io vorrei la secessione. Non accadrà mai, Bossi quando diceva “somari lombardi” ci prendeva più di quanto pensassimo, ma è bene che qualcuno scriva di politica anche se la Lombardia è perduta, perché quando tra un’ottantina d’anni la Lombardia sarà completamente italianizzata, Milano sarà un motore di niente e non d’Europa e la massima aspirazione di chi vive qui sarà fare lo statale, qualcuno leggerà i nostri post e dirà “ah, qualcuno contro questo sfacelo c’era, almeno”.
Detto ciò, io non vorrei uno Stato lombardo che sia una Repubblica italiana in piccolo o, ancora peggio, una Repubblica Sociale Lombarda. Massimo rispetto per chi lo vuole, son disposto a sfidarmi con loro sul piano delle idee invece di urlare “PHASHISTI”, ma è una visione che non condivido decisamente.
Credo nelle nazioni. Nazioni in senso pre-napoleonico, terre unite da una certa cultura e identità comune. Il nazionalismo è la perversione di questo principio, e trasforma i ponti tra queste comunità simili in muri tra nazioni, trasformate all’uopo in religioni civiche, con simboli, clero, martiri e inni.
l’Italia è figlia di questa forma tossica di nazionalismo, ancora oggi si regge su idee come la giustezza delle guerre d’aggressione, il sangue dei caduti, la necessità di sacrificarsi (ovviamente a senso unico, la Lombardia deve sganciare cash, ma quando c’è il COVID la si può odiare liberamente) per il bene della nazione e cagate del genere.
A mio parere, la costruzione di una Lombardia migliore non può che passare dal liberarsi di queste idee tossiche, ossia dal liberarsi di Roma. Basta culto dello stato, basta culto dei caduti, ossia del sangue fatto versare dallo stato in suo sacrificio, basta culto dei militari, basta culto della nazione.
La Lombardia che sogno è uno stato leggero, come servizio, dove le singole comunità siano lasciate libere nella propria terra di prosperare, di concorrere, di essere diverse, senza doversi adeguare ad un’entità centrale, ma anche dove siano libere le imprese, libere di commerciare, di creare ricchezza e posti di lavoro. Ma, soprattutto, dove siano liberi gli individui, di fare, pensare, costruire, distruggere, tutto finché non ledono gli altrui diritti.
l’Italia, da quando esiste, è più meno autoritaria ed etica, e dopo l’epoca mussoliniana l’essere italiani è inscindibile da dette caratteristiche: come mi piace scherzare, in Italia puoi scegliere tra nipoti di Bombacci e nipoti di Mussolini alle urne.
La mia Lombardia in ciò è dichiaratamente anti italiana, ed ispirata alla storia politica lombarda, in ciò: lo stato deve fare poco e bene, non tanto e male, e tra i suoi ruoli non c’è dirmi come devo comportarmi per essere un bel figurino o assumere statali a manetta per vincere le elezioni.
La mia Lombardia è portiana, non crede nel valore assoluto delle nazioni, ma nel valore della volontà popolare e dell’autogoverno.
La mia Lombardia non è razzista, è aperta a tutti i forestieri che possono venire qui a dare una mano, a svilupparsi e a sviluppare la nostra terra, ma è selettiva, senza esagerare, nel dare la cittadinanza, perché il diritto di voto e il dovere di informarsi, votare e prendere le armi se mai ci fosse bisogno non è uno scherzo, se non nei paesi barzelletta dove le ragioni per lo ius soli sono “anche loro tifano Balotelli!”
La mia Lombardia è liberale come Cattaneo quando bisogna svilupparsi e lavorare, e socialista come Turati quando bisogna aiutare chi ha bisogno.
Ma soprattutto la mia Lombardia non sostituisce Roma Doma con Milano Doma. Solo così, probabilmente, potremmo parlare di Nazzion Lombarda e non di Region Lombarda.
Il centralismo è una malattia dell’Italia che non deve avere spazio nella Lombardia che fu terra di una delle più grandi confederazioni della storia: la Lega Lombarda.