Qualcuno mi ha fatto notare che, quando parlo dell’inutilità dello studio della filosofia negli istituti non liceali, me al prendo spesso col paradosso di Achille e della tartaruga, e che tale paradosso viene insegnato anche nelle facoltà scientifiche, quindi non dovrebbe essere oggetto della mia ira.
La ragione è invece proprio quella, o meglio, il come viene insegnato. Comprensibilmente, esattamente come i liceali hanno pochi contatti con, chessò, telecomunicazioni, io come tecnico ho avuto pochi contatti con la filosofia, e mi è capitato più volte di sentire liceali che spiegavano tale paradosso come semplice esempio della disciplina.
E come lo spiegavano, cari miei…
Ora, di solito, nel mondo STEM, il paradosso viene spiegato con le serie convergenti, o comunque con una spiegazione logica del perché questa visione del mondo è errata.
Gli studenti di filosofia, invece? Mi spiegavano il paradosso e basta.
“Eh, praticamente il paradosso dice che Achille fa questo e la tartaruga quello”. E nessuno che mi ha mai spiegato perché il paradosso è evidentemente falso.
Ecco, secondo voi spiegare dei paradossi senza spiegare il perché lo siano “ti insegna a pensare” o ti insegna solo come pensavano all’epoca, una cosa che può avere una certa utilità in determinati contesti, ma non è sicuramente un’abilità necessaria nella vita di chiunque?
Davvero, secondo voi è meglio conoscere la convergenza senza sapere il paradosso della tartaruga o l’inverso? E, soprattutto, davvero chi sa programmare, costruire reti o ideare circuiti ha bisogno di sapere queste cose per imparare a pensare?
Per questo critico molto il paradosso della tartaruga nell’ambiente liceale: è la dimostrazione di un malsano modo di insegnare umanistico, dove impari tanto su cosa pensavano gli altri, ma mai come pensare tu.
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