Droghe, felicità e paternalismo

di | 27 Dicembre 2019

Pare che la Cassazione abbia deciso che se ti coltivi la morte spinellabile per te stesso sei un birbone ma non un criminale.

San Patrignano, che non so per quale ragione da bambino confondevo sempre con Lampugnano, se ne esce dicendo che con questa sentenza i giovani crederanno che la marijuana sia innocua.

Ora, l’alcol è legale no? Anche per i minorenni, solo che non possono comperarlo. Non so voi, ma io ho in casa una collezione di alcol tale da far finire in ospedale tre o quattro adolescenti festaioli: Tre bottiglie di limoncello, una quindicina di bottiglie di vino e qualche birra. Se avessi un figlio potrebbe invitare gli amichetti e finire la notte da leoni al Pronto Soccorso.

Ed oserei dire che è ben più economico sballarsi con una bottiglia di vodka che con la marijuana. È quindi diseducativo vendere l’alcol?

Evidentemente no. Sarà legale ma la maggior parte dei giovani sa che fa male e bisogna moderarsi. Poi ci sono i coglioni che ne bevono a iosa e finiscono sotto il tram, ma è selezione naturale.

Ma parliamo più seriamente: San Patrignano non vuole che la gente si droghi? Benissimo, liberissimi. Ma non devono scadere nel paternalismo per cui ciò che non piace a me non deve essere permesso a nessuno.

Anche per un semplice fatto: Conoscete la barzelletta del tizio che dice “Il medico m’ha detto che se non mangio tanto, non scopo, non fumo né bevo campo 100 anni ma cosa cazzo campo a fare?”

Ecco, la vita è un continuo bilanciamento di beni diversi: Non sempre il bene salute viene messo al primo posto. Una persona può scegliere di sacrificare un po’ di salute in cambio di un po’ di felicità, se ritiene lo scambio valido: Invece di mangiare un’insalatina mangi un lasagnone della nonna. Ti sei fatto un po’ male? Certo, ma magari ci hai guadagnato tanto in felicità e umore.

Ognuno trova la felicità con mezzi diversi: Cibo, alcol, droga, sesso, videogiochi e così via.

Chi sono io per dire che sacrificare il bene salute bevendo alcol dev’essere legale mentre sacrificarlo facendosi le canne no? Nessuno, e nessuno è anche San Patrignano.

Ad esempio c’è anche chi trova la felicità con le pippe. Ma sta nascendo un movimento sempre più forte che dice che farsi le pippe fa male, distrugge le relazioni sociali e la sessualità: Tra vent’anni avremo la Fondazione Er che rompe i coglioni a chi si spippetta e dice che sdoganare pornhub è diseducativo?

E vogliamo parlare della dipendenza da gaming? Magari tra 10 anni dovrò giocare con il Wii nello stanzino perché qualche centro studi dice che i Mii corrompono l’anima dei bambini e Nintendo è letteralmente la Chiesa di Satana.

Ma, soprattutto, se uno vuole farsi a me che cazzo toglie? La sanità già gliela pago, tanto vale permettergli di comperare la droga in modo sicuro e attivando i meccanismi di mercato che ne abbassano il prezzo permettendo una tassazione che copre – almeno parzialmente – i costi della droga. Un possibile modello l’ho descritto qui su FB.

Ah, già, se ciò accadesse le dipendenze diventerebbero un problema decisamente minore, un po’ come quella da alcol oggi: certamente gli alcolizzati non fanno una bella vita ma sono abbastanza socialmente accettati, possono comperare l’alcol legalmente senza dover andare da qualche losco spacciatore in zone pericolose, sarebbero ben più rari i casi di roba tagliata male che uccide e di overdose: È una cosa positiva, ovviamente, ma ridurre il peso sociale della droga vuol dire anche ridurre l’importanza sociale e morale dei centri di recupero.

Tutto ciò contare la visione naif e statalista per cui se una cosa è “brutta” dev’essere combattuta per legge. Non funziona così, ma non nel senso morale, proprio in quello pratico! Non puoi impedire di commerciare la droga, l’hanno dimostrato anni di guerra alla droga. Puoi scegliere se lasciarla commerciare nei limiti della legalità, aiutando chi ne fa uso, oppure consegnare i dipendenti legati mani e piedi alla criminalità.

E il fatto che chi dovrebbe difendere ed aiutare i drogati sceglie la seconda opzione è francamente triste.

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