La furbizia del caffè dei nonni

di | 25 Novembre 2021

Dopo aver parlato di argomenti più seri ecco un nuovo post sul nostro amato caffè, a questo giro con un esperimento.

Prendete il vostro caffè più economico, anche già tritato, e aggiungetene un cucchiaio da tavola (circa 5 grammi se lo pesate) in 150 ml di acqua bollente in un bicchiere, coprite con qualcosa e lasciate in infusione per cinque minuti, poi togliete il coperchio, passate un cucchiaio per togliere i fondi da sopra e passatelo per un colino.

Ora, questo è un caffè è ampiamente leggero, dato che usa praticamente la metà della dose consigliata. Eppure, onestamente, è assolutamente bevibile, anche se sembra più un tè che un caffè, e con un po’ di latte diventa anche piacevole.

Questa tecnica di fare il caffè, abbastanza sconosciuta oggi in Italia, è l’infusione, detta anche immersione, che era però utilizzata prima che arrivassero le caffettiere a percolazione, in alcune zone sino agli anni ’60 o ’70.

Si scaldava dell’acqua, si metteva il caffè e si beveva, spesso dopo aver filtrato. Chi voleva un gusto più amaro faceva ribollire anche più volte, poi spesso si usavano anche dei sostituti del caffè come l’orzo o la cicoria, visto che costava.

Poi, spesso, proprio per compensare il sapore un po’ debole si aggiungevano latte, alcolici o altro.

In ogni caso, è interessante che con così poco caffè si possa ottenere qualcosa di vagamente bevibile, con altri metodi con errori così sulle dosi otterreste uno schifo.

Molti esperti di caffè, in effetti, fanno notare che fare il caffè per immersione magari non porta al miglior caffè in assoluto, ma porta quasi sempre a un caffè decente, mentre le altre tecniche possono dare in generale un caffè migliore, ma basta un piccolo errore per mandare tutto a quel paese.

Ovviamente esistono alternative migliori al “pignatin”, come la french press o l’aeropress, ma vi consiglio di provare il caffè per immersione. È interessante. Magari con dosi corrette.

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